Da qualche parte
per Roma,
forse per terra ,
al buio,
c’è un piccolo posto vuoto stasera,
più piccolo di quello occupato
sotto i portici a Termini,
dove su una piccola tovaglia bianca
allineava piccoli cani scodinzolanti a pila
radio portatili , lampade improbabili
e incredibili accendini colorati,
splendenti come i draghi di Shangai ,
ancora nel cuore,
più belli delle luci intermittenti della farmacia
più liberi delle luci meccaniche dei semafori rossi,
più lucidi del pavimento sporco veneziano.
E’ stato un lampo blu,
intermittente
che ha rovesciato quel mondo semplice,
allineato .
E lei ha steso le sue esili mani
e lo ha abbracciato
mentre gli altri la sradicavano da terra,
erbaccia malconcia arrivata ,
chi sa come
chi sa quando
nel posto sbagliato.
E tutti abbiamo guardato
forse non ancora svegli.
di sicuro impreparati
incerti di aver capito.
Ma questa sera,
dopo un giorno lungo di lavoro,
un bambino
avrà un padre assente,
e una ragazza resterà da sola.
mentre un odore dolciastro
di fiori morti
galleggerà a mezz’aria
e il pavimento,
sgombrato,
si allargherà piano piano,
coprendo tutta la grande piazza,
scendendo opaco e luminoso
lungo la grande strada,
fino a scavalcare il fiume
e a stendersi in Prati
a risalire piano piano
oltre i palazzi, oltre le antenne,
su per la collina,
oltre le nuvole,
sopra il cielo
come una nebulosa infinita di dolore
rilucendo terribilmente muto,
più sporco e stupido
della nostra coscienza.
A.B.