PROBLEMA LAVORO
Ma un bambino non è sempre un bambino anche quando il colore della sua pelle e il suo credo sono differenti?
A quanto sembrerebbe, le cose non stanno proprio così…
I minori stranieri presenti in Italia, sono ancora oggi vittime di episodi di razzismo, emarginazione, troppo spesso ai limiti della clandestinità e dello sfruttamento.
Molti di questi bambini sono costretti a lavorare per supportare la loro famiglia di origine e/o per sostenere la loro sopravvivenza. Le cause all’origine di questa condotta come possiamo vedere sono relative al soddisfacimento dei bisogni sostanziali di ciascun essere umano, tuttavia lascia sconcertati il fatto che in questi casi, a provvedere al sostentamento e alla sopravvivenza, debbano essere dei minori.
MA COSA INTENDIAMO PER LAVORO MINORILE?
Secondo una definizione dell’ ILO ( International Labour Organization ) nella dicitura “lavoro minorile”
vengono considerate tutte le forme di lavoro svolte da minori al di sotto dell’età minima stabilita dalla legge. Gli Stati Membri che hanno redatto la Convenzione sull’età minima (n.138) dell’ILO
( 1973 ) richiedono che:
- l’età minima di assunzione per l’impiego sia generalmente di 15 anni ( 14 anni per i paesi in via di sviluppo );
- i lavori leggeri vengano consentiti dai 13 anni ( 12 anni per i paesi in via di sviluppo );
- per tutti i lavori considerati pericolosi per salute, moralità e sicurezza, l’età minima sia 18 anni.
Dato un ampio sguardo sul lavoro minorile sembrerebbe che i minori stranieri, più che quelli italiani, siano i maggiormente a rischio di lavoro precoce. Si rende necessario attivare un monitoraggio del fenomeno in esame per cercare di ridimensionarlo ove possibile, e di limitarne i danni dove è già stato presente ed ha influito sulla crescita e sul normale sviluppo del minore.
CHI SI OCCUPA DELLA QUESTIONE DEL LAVORO MINORILE?
ISTITUZIONI INTERNAZIONALI
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- Ilo
- Unicef
- ISTITUZIONI NAZIONALI
- Governo
- Ministeri
- CNEL
- INAIL
- ISTAT
- ISTITUZIONI TERRITORIALI
- Varie su tutta la penisola
- ASSOCIAZIONI
- Sindacati
- Confederazioni
- Organizzazioni non governative
- Associazioni, onlus, cooperative
- SCUOLE[1]
IL RUOLO DELL’ISTITUZIONE SCOLASTICA
La scuola svolge un ruolo fondamentale per la registrazione e il contenimento di questo fenomeno.
Tuttavia può determinare delle modifiche solo nella considerazione dei minori stranieri “registrati”
e che possono quindi frequentarla.
“ L’ECRI ( Commissione Europea contro il razzismo e l’intolleranza ) raccomanda alle autorità italiane di proseguire e intensificare gli sforzi a favore della sensibilizzazione sui fenomeni del razzismo e della discriminazione razziale, sia presso l’opinione pubblica che presso gruppi specifici. Raccomanda loro di garantire che le ricerche esistenti vengano utilizzate nella pratica per predisporre delle linee programmatiche nei campi in cui le persone subiscono una discriminazione razziale. L’ECRI raccomanda inoltre alle autorità italiane di proseguire gli sforzi affinché gli insegnanti, a tutti i livelli dell’insegnamento, ricevano una formazione completa, che consenta loro di impartire un’educazione interculturale agli allievi. “[2]
Per agire quindi un sostanziale miglioramento proprio nella comprensione delle differenze per operare un significativo ridimensionamento e/o contenimento del fenomeno preso in esame: l’istituzione scolastica potrebbe rappresentare il primo passo verso l’azione.
Ma in Italia l’Istituzione Scolastica evidenzia troppo spesso delle dolenti lacune, determinate dalla presenza di un corpo insegnanti troppo spesso non adeguatamente preparato alle esigenze della attuale società, e dalla figura di alcuni professionisti, ad esempio i mediatori culturali, che rappresentano un elemento indispensabile per creare un legame, soprattutto tra alcune minoranze linguistiche e la scuola italiana.
Basti pensare ai minori Rom e/o Sinti, la stragrande maggioranza di questi ragazzi ( circa il 97% ) non frequenta la scuola dell’obbligo, sia per mancanza di un riconoscimento linguistico ( cosa che comporta l’assenza di mediatori che possano facilitare l’inserimento ), sia per mancanza di strutture vicine ai campi dove essi vivono, ed anche per i facili etichettamenti cui troppo spesso incorrono queste minoranze.
Il trattamento riservato ad un bambino appartenente ad una minoranza linguistica, quindi con evidenti difficoltà di integrazione, dovrebbe prevedere un sostegno adeguato, non un giudizio affrettato: troppo spesso alcuni minori stranieri vengono definiti come disadattati (sociali e/o psichici ), cosa che ostacola e frena ogni tentativo di inclusione e di crescita positiva, e che può determinare lo stratagemma psicologico della “profezia che si autoadempie”.
Fuori dalla scuole, etichettati e troppo spesso costretti a un regime di vita scandaloso, questi minori si ritrovano a dover dare il loro contributo economico per il sostentamento della propria famiglia di origine in un percorso di vita che rinnega l’immaturità, e costringe alla durezza.
LA LOTTA CONTRO IL LAVORO MINORILE: CRONOLOGIA
L’eliminazione del lavoro minorile è un elemento essenziale dell’obiettivo dell’ILO del “Lavoro dignitoso per tutti”. Per l’ILO, il lavoro minorile non è una questione isolata: la sua eliminazione è parte integrante delle azioni nazionali a favore dello sviluppo economico e sociale
1919 |
La prima conferenza internazionale del lavoro adotta la prima convenzione internazionale contro il lavoro minorile, la Convenzione sull’età minima ( industria).
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1930 |
Adozione della prima Convenzione sul lavoro forzato
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1973 |
Adozione della Convenzione sull’età minima
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1992 |
L’ILO avvia il programma internazionale per l’eliminazione del lavoro minorile (IPEC)
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1996 |
Dichiarazione di Stoccolma e Agenda di azione: elaborazione del principio secondo cui un crimine nei confronti di un minore in qualsiasi luogo è un crimine ovunque. Tale principio viene definito tre anni dopo dall’ILO in una norma internazionale che ne precisa l’applicazione e determina le relative sanzioni.
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1998 |
Adozione della Dichiarazione sui diritti e principi fondamentali nel lavoro: libertà di associazione, abolizione del lavoro minorile, eliminazione del lavoro forzato e della discriminazione. Tutti gli stati membri dell’ILO si impegnano a garantire e promuovere tali principi.
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1999 |
Adozione della Convenzione sulle forme peggiori di lavoro minorile. L’attenzione mondiale è focalizzata sulla necessità di sradicare, il più rapidamente possibile, le peggiori forme di lavoro minorile che mettono a rischio e danneggiano il benessere fisico, mentale e morale dei minori. Tale convenzione è stata ratificata da ¾ degli Stati membri dell’ILO.
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2002 |
L’ILO pubblica il suo rapporto mondiale sul lavoro minorile e fissa il 12 giugno come Giornata mondiale contro il lavoro minorile. L’Organizzazione sostiene più di 80 paesi nel predisporre i propri programmi per combattere il lavoro minorile.
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2004 |
Il primo studio mondiale dell’Ilo sui costi e benefici dell’eliminazione del lavoro minorile afferma che i benefici economici saranno sicuramente sei volte superiori ai costi.
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2006 | Il secondo rapporto mondiale dell’ILO sul lavoro minorile sostiene che il lavoro minorile sta diminuendo in tutto il mondo.[3] |
“Ricerca partecipata” : il rapporto Ires Cgil e Save the Children 2007
“ Nel mondo sarebbero 191 milioni i minori con meno di 15 anni economicamente attivi, di cui 165 milioni coinvolti in situazioni di lavoro minorile vero e proprio e 75 milioni nelle forme peggiori di sfruttamento. 8,4 milioni di minori, poi, vivono in condizione di schiavitù”.[4]
Da questa ricerca emergono dati sconcertanti relativi soprattutto all’accavallamento del fenomeno del lavoro minorile con il fenomeno del lavoro nero, cosa che rende ancora più gravoso la possibilità di acquisire informazioni non approssimative sul fenomeno in questione, oltre che la conseguente perdita di senso del lavoro stesso, in quanto esso è determinato alla soddisfazione di bisogni primari imminenti, e non relativo all’acquisizione di competenze e prospettive in vista di un impiego futuro.
In altri termini: lavoro precario, pericolo non misurabile, nessuna progettualità futura e sfruttamento, aumento del rischio di marginalità sociale, devianza, invisibilità.
La ricerca ha evidenziato la matrice dei fattori di rischio associabili al lavoro minorile. “Tra i più esposti al lavoro minorile sono risultati: i minori maschi, in una età compresa tra gli 11 ed i 14 anni, con un’incidenza maggiore all’aumentare dell’età in questo intervallo, di nazionalità straniera, che vivono in una famiglia mono-genitoriale o in un nucleo familiare con più minori, e risiedono in un territorio con un alto tasso di disoccupazione.” (…) Dall’ indagine, inoltre, emerge che il tratto principale e più frequente che caratterizza il profilo dei minori che lavorano precocemente è quello dell’intensità dell’esperienza: quando un minore è coinvolto in un’attività di lavoro precoce, la sua non è un’esperienza residuale, ma spesso totalizzante, elemento che il più delle volte determina rischi di marginalità sociale soprattutto tra i minori stranieri.”[5]
Esiste inoltre anche una grande differenza riguardo ai luoghi dove si svolgerebbe il lavoro minorile degli stranieri, infatti un minore straniero su tre lavora per strada come venditore ambulante, svolgendo attività di accattonaggio , peculiare anche in questo caso la condizione dei cinesi minori: il 61% di essi sembrerebbe essere impiegato all’interno di laboratori artigianali/tessili/pelletterie risultando essere esposti a condizioni di lavoro a rischio sia per l’utilizzo di macchinari pericolosi, sia per gli intensi ritmi di lavoro. Altra differenza sostanziale tra minori italiani e stranieri riguarda la periodicità del lavoro svolto, i minori stranieri lavorano generalmente tutto l’anno, mentre gli italiani solo in alcuni periodi. [6]
MiNORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI
Si calcola che ogni anno arrivino in Italia, per scelta o per puro caso, circa 7700 stranieri, minori non accompagnati.
Prevalentemente si registra una fascia di età compresa tra i 15 e i 17 anni, parliamo soprattutto di appartenenti al sesso maschile.
I paesi maggiormente gettonati sono: Albania, Egitto, Marocco, Afghanistan, Moldavia e Palestina.
Se si vanno ad individuare, attraverso l’analisi di casi di vita vissuta, le motivazioni che sottendono alla scelta dell’emigrazione clandestina, si annoverano le seguenti concatenazioni di cause:
- Condizioni di precarietà economica e sociale;
- Sfruttamento;
- Maltrattamenti;
- Perdita dei genitori;
- Conflitti e persecuzioni;
- Istigazione/costrizione da parte di vere e proprie organizzazioni criminali.
Le modalità di conduzione del viaggio di arrivo sono tra le più disparate e le più pericolose, e molto spesso i minori approdano in un paese nuovo, a loro straniero, senza un adeguato sostegno economico, né tantomeno un minimo supporto psicologico e/o emotivo.
Le indagini sull’identificazione del minore dovrebbero essere tempestive e soprattutto efficaci, al fine di garantire una risposta/soluzione fondata e rapida al ragazzo in attesa di informazioni necessarie per poter visualizzare e costruire il proprio futuro.
“Lo status di minore non accompagnato è accertato dal Comitato per i minori stranieri, sulla base delle informazioni comunicate dalle autorità competenti
( Forze dell’ordine, Servizi Sociali etc )”.[7]
- Per i minori stranieri non accompagnati da adulti e/o accompagnati da adulti ( inclusi parenti di quarto grado ) che però non risultano tutori/affidatari, lo status di “non accompagnato” non richiede ulteriori verifiche;
- Nel caso di minori accompagnati da sedicenti genitori, la cui relazione di parentela non sia accertata da un’adeguata documentazione, saranno necessari ulteriori verifiche ( compreso in alcuni casi il test del DNA);
Sarà comunque necessario, anche se accertata la parentela, che gli adulti-parenti siano nominati dal giudice competente come tutori/affidatari.[8]
Nel caso in cui il parente-adulto o sedicente genitore metta in atto comportamenti per cui si renda necessario l’allontanamento del minore e/o non risulti verificata la relazione di parentela, il caso deve essere presentato alla Procura da parte dei Servizi Sociali, al fine di provvedere all’attuazione delle necessarie misure di protezione.
Solo nel caso in cui il ragazzo sia accertato come minore e non accompagnato, i Servizi Sociali potranno intervenire mediante l’applicazione di adeguati strumenti di assistenza/sostegno.
Tuttavia ci sono non poche difficoltà relative all’accertamento dell’età del ragazzo.
Premettiamo che l’accertamento dell’età deve essere eseguito tramite procedure che garantiscano il pieno rispetto dei diritti del minore, e che simili esaminazioni dovrebbero essere effettuate solo ed esclusivamente da personale competente ed adeguatamente formato in materia, tenendo in considerazione anche i fattori culturali che contraddistinguono il paese d’origine del soggetto, oltre che i parametri dello sviluppo psico-fisico.
Nonostante tutta una serie di precauzioni esiste un margine di errore: al minore dovrebbe comunque essere accordato il beneficio del dubbio.
Laddove il referto indichi presumibilmente un’età massima e un’età minima, dovrebbe sempre essere considerata l’età minima. Cgil “Indagine monografica sui minori stranieri non accompagnati nel Lazio”
Sembrerebbero essersi distinte tre grandi macro aree di riferimento, nel territorio considerato, di minori stranieri non accompagnati con esperienze diverse di lavoro precoce[9]:
- Europa dell’Est: i minori vivono le loro prime esperienze di lavoro in Italia, prevalentemente in bar, pizzerie, o come venditori ambulanti;
- Africa Settentrionale: i minori hanno solitamente già avuto esperienze di lavoro nel loro paese, solitamente nel settore agricolo e/o artigianale;
- Asia: si contraddistinguono per aver svolto molti lavori nei paesi di transito, soprattutto all’interno delle fabbriche, prima di arrivare in Italia.
La maggior parte delle esperienze lavorative dei minori stranieri si svolgono all’interno di un’economia informale non facilmente individuabile, quindi si teme che il fenomeno del lavoro minorile, ancora oggi in via di risoluzione, possa interessare un numero maggiore di minori di quanti effettivamente si possano individuare attraverso questa ed altre indagini.
Di Sara Antonucci
( SOS Razzismo Italia )
[1] The end of child labour: Within reach, global report under the follow-up of the ILO Declaration on fundamental principles and rights at work, rapporto della Conferenza internazionale del lavoro, 95 sessione, 2006.
[2] “ Contenuti e strumenti per la tutela delle vittime di discriminazioni razziali.” C.Editi. Unione Forense per la Tutela dei Diritti dell’Uomo 2007
[3] ILO International Labour Organization ( http://www.ilo.org/public/english/standards/ipec/simpoc/index.htm )
[4] Ultime stime International Labour Office – Tratto da Comunicato stampa Res/CGIL/Save The Children- 20/12/2007
[5] “Minori al lavoro, il caso dei Minori Migranti” Ires Cgil Save the Children ’07.
٭L’ECRI raccomanda alle autorità italiane di adottare ulteriori provvedimenti per ridurre le disparità tra i cittadini e i non cittadini sul mercato del lavoro. Raccomanda in particolare di prestare attenzione ai problemi di discriminazione in campo occupazionale che si pongono alle minoranze. Al riguardo, raccomanda loro di vigilare affinchè le disposizioni legislative antidiscriminazione in campo occupazionale siano adeguate e pienamente applicate. ( Cit.2)
[6] Cit.4
[7] D.P.C.M. 535/99, art.2, c. 2; Circolare del Ministero dell’Interno del 9.4.2001; Linee Guida del Comitato minori stranieri del 2003
[8] La figura del tutore è fondamentale per la crescita e l’integrazione sociale del minore. Il tutore rappresenta il minore in tutti gli atti civili e ne amministra i beni, fissandone la residenza. Il minore gli deve obbedienza.
[9] Sono state realizzate circa 50 interviste. Le esperienze di lavoro indagate sono state quelle vissute dai minori prima dei 15 anni.