I fiumi di inchiostro che hanno riempito i mezzi di comunicazioni ci impongono di tornare sull’inginocchiamento agli Europei di calcio questa volta con riflessioni amare ma reattive
“Si inginocchia chi vuole rendere rispetto a chi è vittima, segnare simbolicamente il proprio impegno perché le cose cambino. Quand’è che esattamente ha iniziato a farci schifo il buon esempio?” (Roberto Saviano)
“Sono rimaste immutate le ragioni della protesta, la loro fondatezza, mentre sembra essersi adattato il muro di gomma che ne ha assorbito l’impatto” (Matteo Pascoletti)
“Spero di non essere frainteso (ma è inevitabile): sono contento che molti calciatori si sentono antirazzisti e vogliono testimoniarlo sul campo. Ovviamente preferirei che avessero obiettivi chiari e non un generico antirazzismo d’importazione, visto che anche in Italia c’è molto da fare (pensate se qualche calciatore italiano si inginocchiasse per le vittime delle forze dell’ordine italiane o per le vittime del razzismo italiano: pensate che scandalo vero sarebbe”(Leonardo Tondelli)
Insomma, a noi restano un sacco di cose da fare con l’obiettivo di dare l’esempio, di rimuovere i muri di gomma, di intervenire sul razzismo di casa nostra.
Cercando di far capire che un conto è la libertà di opinione e un conto il senso del ridicolo.
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IN TEMPO REALE incontro n° 12
E’ difficile riflettere mentre stiamo godendo di un tempo particolare. E’ difficile darne un senso. Ci prova la scrittrice Evelina Santangelo sull’Espresso.
“Ho l’impressione che in questo tempo in cui si torna agli aperitivi, cioè a uno stare insieme breve e poco impegnativo, all’ostentazione ancora più ostinata dei corpi che si desidera inscalfibile dagli anni, in questo tempo di relazioni che non contemplano responsabilità, nemmeno quella che ha a che vedere con la durata, in questo tempo che vuole essere spensierato, disimpegnato, single, cioè libero ma di quella libertà fatta di poco, di desideri volatili, istantanei, individualistici, una libertà che cerca solo specchi in cui riflettersi e basta… credo che in un tempo così, la vera trasgressività, la vera anomalia, il vero esercizio della libertà stia in un gesto che dura, cioè che sa misurarsi con il tempo, in ogni scelta che ha un costo, che è assunzione di responsabilità per sé e per gli altri”
Insomma anche il tempo del riposo è impegnativo. Lo scrittore Alessandro D’Avenia ne dà questa indicazione :
“Si riposa non cessando di fare, ma cessando di fuggire da sé e smettendo di proiettarsi in vite che non sono la nostra, infatti “ri-posare” significa proprio “mettere di nuovo” l’io dentro se stesso”
CORALLI Appuntamento N° 36
La figura che ha fatto l’Italia sul gesto dell’inginocchiamento è sta veramente vergognosa. Forse è meglio riderci un po’ su. Ecco una piccola carrellata di commenti ironici.
A proposito del fatto che metà dei calciatori soltanto si è inginocchiata
“Magari la prossima volta gli azzurri si accorderanno su una via di mezzo, tipo piegamenti sulle ginocchia” (Sebastiano Messina)
A proposito della decisione degli azzurri di inginocchiarsi solo se lo fa la squadra avversaria (in questo caso il Belgio)
“Ora se il Belgio avesse un po’ di senso di umorismo, prima della partita si darebbe una martellata sui coglioni” (Spinoza)
“Io stasera se ero er Belgio prima de inginocchiamme farei due tre volte la finta pe vede se l’italiani abboccano” (Boosta Pazzesca)
Dopo i twitter di due profili irridenti, chiudiamo con Luca Fois per una considerazione morale ma sempre ironica.
“I gesti simbolici non servono a niente” e poi sventolano il vangelo in piazza”
CORALLI Appuntamento n° 35
La polemica sull’inginocchiamento ha attraversato gli Europei di calcio. Sin dall’inizio del torneo i governi della Croazia e dell’Ungheria hanno proibito ai propri calciatori di fare questo gesto di condivisione dell’antirazzismo.
Ci è venuta la voglia di intervenire subito per stigmatizzare il fatto. Ma abbiamo pensato: aspettiamo a vedere come va a finire. Gli Europei sono lunghi. Non abbiamo avuto torto. E alla prima istintiva reazione contro i governi populisti è subentrata la nostra attenzione attonita su altri fatti accaduti che hanno scatenato un dibattito secondo noi allarmante
La Uefa, l’organizzazione europea del calcio, ha vietato al sindaco di Monaco di illuminare lo stadio, per la partita Germania-Ungheria, con i colori dell’arcobaleno che voleva essere una protesta contro una legge omofoba in quei giorni approvata dall’Ungheria.
E proseguendo, molte squadre nazionali hanno deciso di non inginocchiarsi compresa l’Italia che in un primo momento ha visto solo metà della squadra inginocchiarsi, per poi decidere di farlo solo se lo avesse fatto la squadra avversaria.
Insomma, quella che poteva essere una presa di posizione compatta contro il razzismo è diventata un “io non sono razzista ma non mi inginocchio”.
Che pena !!!
IN TEMPO REALE Incontro n° 11
La vacanza è un insieme di libertà, di viaggi e di riposo. Cose da ricordare e da raccontare. Ma la vacanza è innanzitutto un tempo da trascorrere, appunto il tempo delle vacanze. Particolare quello di quest’anno in cui crediamo di aver battuto il virus Ce ne descrive il senso la scrittrice Elvira Seminara su l’Espresso.
“Pensavi di aver provato tutti i tipi di vacanza prima che il Covid proponesse la sua. Una vacanza castigata, nel doppio senso. Morigerata nelle forme e nelle spese, ma anche segnata dal castigo. Quello del virus, della green pass, di un vaccino in viaggio. Ironia della parola più amata: vacanza nell’etimo vuol dire vuoto, assenza. Penuria, mancanza, difetto. E se fosse qui, in questo ambiguo crocevia di tempo sospeso e riattivato, di spazi vuoti e pieni, distanze mobili e dubbie, in questa mappa scomposta che siamo, città, strade, persone, gesti, attività, dove la vacanza degli uni è risorsa (mai come oggi) per gli altri, il senso oscuro e febbrile di questa nostra vacanza castigata?”
Va bene riflettere sul tempo che viviamo ma non vorremo spingervi alla tristezza.
Ricordiamoci sempre di riflettere. Ma ricordiamoci anche che il tempo di vacanza
è tempo di divertimento, tempo di spensieratezza, tempo di gioia.
IN TEMPO REALE INCONTRO n°10
Comico, cabarettista, drammaturgo, scrittore, umorista, attore e paroliere italiano. E chi sarà mai? E’ Alessandro Bergonzoni che ci racconta in modo originale il suo passare del tempo. Il titolo del brano è
IL TEMPO VISSUTO STUPENDO
“Da quando ho avuto il permesso di sbigottire ho cominciato a capire. Ho visto sciogliere una briglia, una bara risalire la corrente, bambini scambiarsi gli occhi perché lo sguardo non bastava più e tanta grandine felice di toccare terra dopo un volo da tregenda. Ho guardato uomini incallire, altri soffocare nel bramare e stormi di finestre aprirsi e chiudersi, aprirsi e chiudersi fino a volar via. Ho visto Santi in riserva, ghiaccio in fiore, gente semplificarsi la vita con le bretelle, altri complicarsela con le bretelle messe al posto della cintura. Da quando ho avuto il permesso di allibire ho vissuto finalmente il primo giorno di nessuna guerra, ho accompagnato predestinati a cambiar strada e tenuto il conto di tutte le albe che non ho visto (che in confronto ai tramonti che ho veduto è roba da ridere). Ho veduto roba da ridere per potermi comprare roba da non credere, ho noleggiato sentimenti, così, per provarli, e se non mi fossero andati bene restituirli. Mi pento di niente se non del fatto di non pentirmi ancora,”
IN TEMPO REALE INCONTRO n°9
Ci soffermiamo ancora su ciò che scrive Alessandro D’Avenia nei suoi articoli settimanali sul Corriere della Sera.
“Il tempo sprecato è spesso proprio quello che vorremmo risparmiare. Accelerando e spuntando le liste di “cose da realizzare” nella speranza che alla fine dell’elenco, il risultato sia la felicità…Eppure nessuno di noi ascoltando la musica che ama a velocità doppia se la gode di più. E così l’ossessione di “ottimizzare” il tempo ci ha portato all’esito opposto. E’ invece quando la vita riesce a toccarci che rallentiamo, respiriamo, “perdiamo” tempo, anzi lo “recuperiamo” perché la relazione profonda con le cose e le persone amplia e salva il tempo, che è vita che non ci può essere più tolta e risuona in noi anche a distanza di anni”.
Abbiniamo questa riflessione ad un altro brano. Questa volta di Chiara Valerio.
“Roma ha tutto il tempo. Quando diciamo Roma è eterna stiamo dicendo che a Roma il tempo non esiste. L’eternità mette insieme il presente, il passato, il futuro. Il tempo non esiste, è una dimensione ipotetica grazie alla quale concepiamo e misuriamo il trascorrere degli eventi. La matematica nasce perché gli esseri umani hanno bisogno di segnare il tempo, un prima e un dopo”
IN TEMPO REALE INCONTRO n 8
Lo scrittore da un milione di copie Paolo Cognetti ha deciso , con quello che ha guadagnato, di trasformare una stalla di montagna in un rifugio alpino per farne una residenza per autori.
La montagna come luogo dove il tempo è ispirazione, il tempo è meditazione ma laddove il tempo è anche osservazione della bellezza.
“Guarda le due diverse tonalità di giallo dei fiori, quello del tarassaco e quello del botton d’oro. Poi c’è il blu elettrico della genziana e il celeste del nontiscordardime. Tra poco il bianco dell’achillea”.
Queste parole di Cognetti fanno eco, nello stesso articolo alle parole di un altro scrittore, Maurizio Crosetti:
“Si sente solo il vento ululare nella canna fumaria e nel bosco, là fuori. L’altro suono è l’acqua della fontana che gorgoglia oltre la vetrata della baita di pietre chiara, dove becchetta un uccellino solitario, giallo e grigio. Un fringuello alpino”
In montagna il tempo è un rincorrersi di silenzi.
Coralli appuntamento n.34
In una bella intervista, il giornalista mediatore culturale ed amico Ejaz Ahmad ha spiegato:
“La famiglia di Saman Abbas proviene da un villaggio nel sud del Punjab, dove c’è una cultura rurale basata sull’onore. Il matrimonio con il primo cugino è il fulcro di quella società, derivante dal sistema-caste in Pakistan, necessario affinché le terre restino alla famiglia. Lo stesso primo ministro ha sposato una donna della sua tribù. Le seconde generazioni sono arrabbiate e vogliono una soluzione. Serve una riforma, un islam italiano, perché quello dei Paesi d’origine non funziona qui.
I testi coranici vanno tradotti in italiano. Ma serve maggior collaborazione delle ambasciate per trovare un’intesa. Dobbiamo creare nuovi leader, imam moderni. Non ci possiamo aspettare una rivoluzione dai vecchi capi delle scuole religiose.
Moschee e mediatori possono avere un grande ruolo nell’integrazione, solo così avrebbe senso il dibattito sullo ius soli”
L’effetto “Saman” continua. L’uccisione della ragazza pakistana per aver rifiutato un matrimonio combinato ha suscitato commenti, approfondimenti e giudizi.
Ogni esternazione va considerata con estremo rispetto. Per di più quando si tratta del tema della famiglia. Finché parliamo di violenza sulle donne non ci sono né se né ma.
Ma quando affrontiamo la questione del modello di famiglia, il tutto si ingarbuglia.
Noi occidentali pensiamo proprio di avere un modello di famiglia?
Pensiamo proprio di no. A noi resta approfondire, essere rispettosi di storie e culture ed essere rigorosi sul valore del rispetto delle donne.
CORALLI Appuntamento n° 33
Un post in una chat di un gruppo politico, senz’altro non di destra:
“E’ ora di smetterla con il politicamente corretto. Noi rispettiamo ogni scelta religiosa ma chi viene a vivere nel nostro Paese deve accettare i nostri valori, il rispetto delle donne e degli uomini a partire dai bambini e ragazzi. Se non gli piacciono i nostri valori, le nostre regole, leggi e lingua possono non restare”. Ecco l’”effetto Saman”. Per fortuna c’è chi approfondisce. Come Karima Moual in un suo articolo su Repubblica in cui intervista una famiglia pakistana di Brescia commentando:
Ad osservarli da vicino, ascoltandoli con attenzione, c’è tutta la forza di un processo sociologico e storico in atto dove alcuni valori si scontrano con altri, si modellano”.
Il figlio maggiore di questa famiglia pakistana così spiega:
“Ci si sposa dentro la comunità etnica e religiosa, il cosiddetto matrimonio combinato fa parte della nostra cultura. E non ha nulla a che vedere con quello forzato. Un’iniziativa come quella delle nozze non è mai individuale, bensì condivisa con la propria famiglia. La scelta del futuro consorte può essere anche indicata da noi. Poi la si presenta ai genitori che dovranno dare il consenso. La mia futura moglie non vivrà solo con me, ma anche con i miei genitori. Nella nostra cultura i genitori stanno sempre con il figlio maschio. Per questo è importante che in questa scelta ci sia accordo e unione”
E’ con questa cultura che dobbiamo confrontarci e spiegarci.
Troppo facile dire “Andatevene”!